Casina Colonna del Paradiso de Marino (Roma) on va viure Alberto Moravia i Umberto Mastroianni|BELLATERRA.CAT
Umberto Mastroianni, cittadino onorario di Marino, nel 20° anniversario della morte (di Ugo Onorati)
Come oggi, esattamente venti anni fa, un grande artista italiano del Novecento, uno dei più grandi della storia dell’arte mondiale, Umberto Mastroianni, cittadino onorario di Marino, il 25 febbraio 1998, assistito dalla moglie Ida Perlo, morì nella sua abitazione di via Costa Batocchi, una casina cinquecentesca, pertinente ai Giardini del Paradiso del cardinale Ascanio Colonna, adiacente al centro storico, dove egli visse per trenta anni la sua esistenza umana e artistica. Concluso l’omaggio al defunto da parte di molte personalità, accorse da ogni dove, nella camera ardente allestita nella sua abitazione, il rito funebre fu celebrato alle ore 12 del seguente giovedì 27 nella basilica collegiata di San Barnaba, stracolma di persone, dal vescovo diocesano mons. Dante Bernini. In prima fila, fra le varie autorità, era l’allora sindaco di Marino Rosa Perrone con il gonfalone della Città e il picchetto d’onore reso dalla polizia locale. Oltre al Comune di Marino erano rappresentati in forma ufficiale altri otto municipi, che avevano avuto un particolare significato nella vita dell’artista. In seguito la salma fu trasportata a Carmagnola, in Piemonte, per essere tumulata nel cimitero di questa città.
Difficile ripercorrere, anche soltanto sommariamente, una carriera artistica singolare, costellata di riconoscimenti e premi di levatura mondiale, e il percorso estetico della sua opera, ampiamente descritti in libri, cataloghi ed enciclopedie. Qui mi limiterò a delineare il dato locale e a raccontare il mio ricordo personale di Umberto Mastroianni, che nacque, nono di dieci figli, a Fontana Liri, nel Frusinate, il 21 settembre 1910 da Vincenzo e da Luigia Conte in seconde nozze; mentre suo nipote, l’attore Marcello Mastroianni, era figlio del fratellastro Ottorino, nato da Vincenzo e da Concetta Conte in prime nozze. Dal 1923 al 1926 Umberto si trasferì a Roma presso lo studio di via Margutta, aperto dallo zio Domenico, arpinate, apprezzato artista di fama internazionale, allo scopo di frequentare i corsi serali all’Accademia di San Marcello. Nel 1926 Umberto raggiunse la sua famiglia a Torino, dove il padre Vincenzo era stato chiamato a lavorare per l’Arsenale di Torino. Qui sposò Dina Cibrario, dalla quale ebbe il piccolo Gabriele. Frequentò lo studio di Franco Sassi prima e quello di Michele Guerrisi poi, dove si misurò con la tradizione figurativa rinascimentale. Nel 1929 realizzò il suo primo bronzo: Cavalli in corsa. Dallo scultore Mino Rosso fu avvicinato all’avanguardia artistica del secondo Futurismo. A partire dal 1928 il sodalizio con il pittore Luigi Spazzapan (1889-1958) di formazione culturale mitteleuropea gli consentì di conoscere e di assimilare le esperienze artistiche della Secessione, dell’espressionismo e del primo astrattismo. Assorbita la lezione dello storico Lionello Venturi e del critico d’arte Edoardo Persico, Umberto si fece promotore di una reazione al postimpressionismo torinese, riconducibile a Felice Casorati e al Gruppo dei Sei. L’ambiente intellettualmente fecondo di Torino nel primo dopoguerra gli consentì di stringere amicizie importanti, come quelle con il musicologo Massimo Mila, con gli storici dell’arte Nello Ponente e Giulio Carlo Argan, con il filosofo Nicola Abbagnano. Alle ricerche astrattiste degli anni Venti seguirono quelle sulla statuaria egizia, etrusca e greco arcaica degli anni Trenta, dove soggetti mitici e religiosi si concretizzavano in delicate evocazioni. Il primo riconoscimento gli giunse nel 1930 con un premio assegnato dal Ministero della Pubblica Istruzione. A quegli anni risalgono le sue prime mostre di importanza nazionale come la Quadriennale di Roma del 1935. Chiamato alle armi nel reggimento di Rivoli e poi finita la guerra con l’armistizio, Umberto Mastroianni tra il 1944 e il 1945 insieme all’amico Massimo Mila entrò a far parte delle formazioni partigiane attive nel Canavese, fra Torino e la Valle d’Aosta, della cui esperienza, anche personale tormentata e dolorosa, lasciò traccia in molte sue celebri opere, come il Monumento al Partigiano (1945), collocato nel Campo della Gloria del cimitero torinese, dedicato ai caduti per la libertà; quello dedicato ai partigiani del Canavese a Valperga (1969); quello alla Resistenza italiana di Cuneo (1969) e poi quello di Cuorgnè (1969); quello ai Caduti di tutte le guerre a Frosinone (1977); il Monumento alla Pace di Cassino (1977); il monumento di Urbino alla lotta partigiana (1980); quello dedicato alle vittime dell’eccidio di Collelungo a Vallerotonda nel Frusinate (1983); il bassorilievo in bronzo di Cumiana (1995) dedicato ai Caduti nella Resistenza. Tutte opere che non si concentrano affatto nei primi anni del dopoguerra, ma si estendono lungo l’arco dell’intera attività artistica di Mastroianni, dagli anni Quaranta agli anni Novanta del secolo scorso, e che rappresentano non più soltanto il suo vissuto individuale, ma anche e soprattutto il dramma collettivo dell’intera nazione. Opere monumentali tutte animate da una profonda convinzione pacifista e antifascista, al punto che Mastroianni è stato considerato uno degli artisti italiani più impegnati nell’illustrare il significato morale della Resistenza con una sua peculiare poetica civile riconosciutagli dallo storico dell’arte Giulio Carlo Argan.
All’Accademia delle Belle Arti di Bologna dal 1961 al 1969 prima ottenne la cattedra per l’insegnamento della scultura, poi la direzione della medesima. Quindi passò all’Accademia di Belle Arti di Napoli e infine a quella di Roma. Nel 1970 decise di lasciare Torino per trasferirsi nella Capitale. L’occasione gli fu offerta dall’amico scrittore Alberto Moravia, che invece voleva trasferirsi da Marino a Roma, dopo avere vissuto qualche anno con Elsa Morante in un casino di caccia costruito dai Colonna nel xvi secolo, detto anche Casina del Paradiso, da lui acquistato all’inizio degli anni Sessanta dalla famiglia Batocchi e che oggi è proprietà della famiglia Michelsen. Moravia aveva conosciuto i Castelli Romani già da piccolo, quando ci andava in vacanza con la famiglia, e in particolare Marino, dove ci tornò con Pier Paolo Pasolini, incontrato per la prima volta nel 1953, quando questi insegnava in una scuola media di Ciampino. Qualche volta Pasolini andava a prendere con la sua automobile Elsa Morante a via del Babuino e Alberto Moravia a via dell’Oca per andare insieme a fare una puntata ai Castelli Romani, come dei qualsiasi gitanti domenicali romani. Il casale cinquecentesco, tutto affrescato all’interno, con una stupenda vista del crinale del lago verso Castel Gandolfo e della macchia Ferentana abbarbicata sulle cave di peperino, era stato fatto restaurare poco tempo prima dall’architetto Ugo Sissa per incarico di Moravia. Pitture a fresco erano state fatte riemergere dalle ampie scialbature stese da precedenti incolti proprietari, che avevano usato l’edificio come cantina, stalla e magazzino. Ma soprattutto il raccoglimento del luogo e la lunga galleria dovettero spingerlo nel 1968 ad accettare di vivere nella nuova dimora, accanto alle emergenze di ruderi di un’antica villa romana, alla base della quale era stato scoperto da poco un santuario mitraico. Però Mastroianni non si accorse, al momento della visita di quella splendida dimora, avvenuta di sera, dell’enorme insolente ingombro cementizio che da poco tempo era stato edificato a dispetto del casino di caccia, il quale di “paradiso” ormai restava solo il nome. Ma l’affare della compravendita con Moravia era fatto. E tuttavia Umberto Mastroianni non rimpianse mai il suo arrivo a Marino, che avvenne in maniera definitiva soltanto nel 1970. Prima di lui vi andò ad abitare il fratello Corrado Mastroianni, il quale ottenne dal costruttore Massotti un piccolo appezzamento in direzione delle mura medievali per realizzarvi lo studio laboratorio, dove il maestro effettivamente operò fino all’ultimo momento della sua vita. Il progetto fu dell’architetto messogli a disposizione da Sofia Loren (che abitava nella dirimpettaia Villa Sara, poi Ponti) e i lavori furono seguiti da Mario Giovannucci.
In un’intervista Umberto Mastroianni così ricordava di essere entrato in possesso della Casina del Paradiso da Alberto Moravia: “Sono arrivato a Marino, da Torino, via Parigi, per caso. Devo al Alberto Moravia la dimora che mi ospita da oltre vent’anni. Lo incontrai a piazza del Popolo. Ero con mio nipote Marcello. Da lui Moravia seppe che cercavo casa, nei pressi di Roma. Ho sempre avuto bisogno di spazio, di altura, di verde intorno a me, per poter lavorare bene. Moravia m’indirizzò a Marino. Subito conquistato, comperai da lui il prestigioso casino di caccia, già dei principi Colonna. I loro stemmi decorano ancora i soffitti. Salvando i resti del suo cinquecentesco splendore, trasformai la casa in uno studio d’arte, di cultura e di politica, tanto che oggi, questo, è diventato una specie di porto franco internazionale. Da quando mi è stato assegnato a Tokyo il premio Nobel per la scultura, ogni personaggio che arriva a Roma, viene a trovarmi qui, a Marino. Ho visite a ogni ora del giorno, tanto che a volte mi creano il caos e m’impediscono di lavorare. Anche se, in fondo, quest’omaggio mi onora e onora la cittadina che mi ospita. […] Ambasciatori, pittori, scultori, scrittori, politici italiani e internazionali rendono, da anni, alla mia casa un senso preciso: il senso della cultura viva, compagna inalienabile dell’uomo civile. Marino è paese antico, gentile e ospitale. Sorto sulle prime pendici della mia Ciociaria. Qui veramente ho trovato la tranquillità necessaria e il clima propizio alle mie fantasie. […] Io approfitto di questo ambiente stimolante per lasciare libera la mia fantasia. Qui creo statue, dipingo, scrivo libri e poesie. Mi sento libero e stimolato dalla totale partecipazione al mio lavoro di artista”.
In quella dimora principesca, dove il Maestro usava dire (un giorno lo disse anche a me!) di sentirvi aleggiare lo spirito di Michelangelo in dolce compagnia di Vittoria Colonna, vi giunse nel 1983 anche il presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini per visionare il bozzetto del Mausoleo della Pace, commissionatogli dalla città di Cassino, e per sollecitargli la conclusione dell’opera, che fu completata quattro anni dopo. Nella dimora marinese furono concepite e videro la luce tante opere, compresi i costumi e le scenografie dell’Uccello di fuoco di Stravinskij, disegnati con l’ungherese Attilio Miloss coreografo del Teatro dell’Opera di Roma. Ancora qui a Marino giungeva all’improvviso il nipote Marcello accompagnato in macchina da giovani attori, registi, costumisti, operatori del cinema.
Nel corso degli anni il Maestro non fu avaro del suo prezioso tempo, mettendosi a disposizione delle associazioni culturali locali e di aprire la sua casa persino alle visite guidate, come a me è capitato alcune volte di fare, anche con scolaresche. Per quanto io ricordi la prima grande iniziativa culturale cittadina, che vide coinvolto Umberto Mastroianni, fu la Biennale internazionale della Pietra albana, la cui prima edizione fu nell’anno 1978 e l’ultima nel 1980. Ideata e organizzata dal poeta e saggista marinese Franco Campegiani, ebbe in Mastroianni non il protagonista, perché volle lasciare spazio alle più giovani generazioni, ma sicuramente il punto di riferimento, il consigliere in ombra, il principale referente di contatti e di conoscenze utili per realizzare al più alto livello possibile una delle più grandi manifestazioni che si siano mai realizzate nel nostro Comune, il cui segno tangibile di quella stagione è rappresentato dalle sculture L’Abbraccio di Paolo Marazzi e La Famiglia del giapponese Kazuto Kuetani. Dopo la biennale fu la volta dello Stage internazionale di scultura in peperino, a partire dall’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, dove ben sedici artisti provenienti da ogni parte del mondo si riunirono in un seminario di lavoro e di confronto, che ha prodotto altrettante opere scultoree disseminate nel centro storico marinese.
Nel 1984, per la 60a Sagra dell’Uva, Umberto Mastroianni firmò la locandina di quella speciale edizione, nella cui riproduzione fotografica si poteva ammirare il bassorilievo bronzeo, dove egli aveva saputo sintetizzare i principali monumenti e luoghi identitari marinesi; immagine che fu riprodotta anche per la festa dell’anno successivo. Mastroianni si mostrò disponibile anche a confortare con la sua speciale presenza lo sforzo artistico di giovani marinesi entrati a far parte della sua cerchia, come avvenne nel 1986 con la raccolta di poesie dello scrittore marinese Franco Campegiani Selvaggio pallido, edito da Rossi & Spera e Carte Segrete, presentato da Vito Riviello e corredato con cinque serigrafie del Maestro. Per la Sagra dell’Uva del 1987 Mastroianni fu chiamato a partecipare con sue opere a una mostra di sculture e di pitture intitolata “Pagine di pietra”, organizzata dall’Ente Sagra dell’Uva e curata dal critico d’arte marinese Alessandro Masi, da tenersi nei saloni di Palazzo Colonna, insieme a quelle di altri artisti del Novecento, che avevano operato a Marino. Si trattò di una vera e propria ricognizione delle arti figurative collegate al territorio marinese attraverso l’opera di vari autori, da Aldo Calò a Roberto Melli, fino a Lorenzo Guerrini e a Mastroianni. Accanto ai grandi Maestri furono affiancate le opere di artisti che erano espressione diretta del territorio di Marino, o che vi avevano operato, come Phillis Crolla, Giorgio Fanasca, Mario Gavotti, Kazuto Kuetani, Lamberto Limiti, Paolo Marazzi, Etore Pellini, Stefano Piali, Muzio Terribili.
Nel 1990, in occasione dei Mondiali di Calcio, Marino era al centro dell’attenzione dei mass media, essendo stata scelta questa sede per il ritiro e per l’allenamento sul campo di gioco comunale degli atleti della squadra nazionale italiana. Il sindaco di allora, Giulio Santarelli, volle far esporre nuovamente nelle sale di Palazzo Colonna le sole opere del Maestro. La mostra fu curata dall’architetto Locci e illustrata dal critico d’arte Floriano De Santi. Per l’occasione fu conferita a Umberto Mastroianni la cittadinanza onoraria, insieme al chirurgo di fama mondiale Mario Giordani primario dell’ospedale di Marino. Una cerimonia, svoltasi nella sala consiliare, che si concluse con una cena all’hotel Helio Cabala. Le opere di Mastroianni sostarono per diversi mesi a Palazzo Colonna per la promessa iniziale, poi non mantenuta dai successivi amministratori locali, di acquisirle definitivamente al patrimonio comunale allo scopo di raccoglierle in un museo permanente a lui dedicato.
Nel 1996 l’associazione culturale “Lo Storico Cantiere”, che annualmente cura la sfilata in costume d’epoca della Sagra dell’Uva, per iniziativa del suo presidente Maurizio Canestri, chiese e ottenne dal Maestro un bozzetto da riprodurre a smalto sulla corazza del figurante, che interpreta Marcantonio Colonna, simbolo della lotta e della vittoria riportata dal condottiero di ritorno dalla battaglia di Lepanto, ma anche della pace da lui conseguita per l’Italia e per l’Europa. E inoltre due disegni per altrettanti vessilli da mettere a disposizione del locale gruppo di sbandieratori costituitosi quell’anno per la 72a edizione della festa. Un’ulteriore testimonianza delle strette relazioni intrattenute dal Maestro con la città di Marino avvenne l’anno seguente, ancora una volta per la Sagra dell’Uva. L’Amministrazione comunale, per volontà del sindaco Rosa Perrone, incaricò Massimo Lauri di allestire una mostra di sculture del Maestro sul piazzale di largo Oberdan, sottostante il palazzo municipale e a poca distanza in linea d’aria dal Casino del Paradiso. Quella fu una delle ultime testimonianze culturali “attive” del Maestro nella sua Marino, perché, già aggredito dal male, sarebbe morto di lì a pochi mesi nell’inverno successivo. Anche per la comunità marinese l’evento, nella sua eccezionalità di mettere in mostra all’aperto tante importanti opere scultoree, fu l’ultima occasione di coinvolgere l’artista in una manifestazione culturale pubblica. Conclusasi la mostra gli amministratori locali trattarono con Mastroianni la donazione di una sua opera alla città di Marino e la scelta cadde sull’opera Il Guerriero, che fu collocata sulla sommità della scalinata della stazione a larg”o Oberdan, tra la mole di Palazzo Colonna e lo sfondo panoramico del bosco Ferentano sulle cave di peperino. Due anni dopo la sua morte a Umberto Mastroianni fu dedicata la denominazione del nuovo museo civico, inaugurato nel mese di maggio del 2000 dal sindaco Rosa Perrone e dall’assessore alla cultura Giuliana Iozzi, poco prima della fine del mandato e nell’imminenza delle elezioni amministrative. L’intitolazione, però, rappresentò un mero omaggio all’artista scomparso, perché nella chiesa sconsacrata di Santa Lucia presso piazza Matteotti, non si conserva neanche un’opera di Umberto Mastroianni, dal momento che al termine dei lavori di recupero e restauro dell’edificio sacro medievale vi si collocò la raccolta archeologica civica, che per lungo tempo aveva errato da un luogo all’altro.
Infine vorrei raccontare un episodio personale di collaborazione con Umberto Mastroianni che risale al 1995. La Banca di Marino, per la quale lavoravo, voleva festeggiare il 75° anniversario della sua fondazione, avvenuta il 27 marzo 1920, con una serie di iniziative, anche culturali, che lasciassero un segno duraturo nella comunità locale. Il pomeriggio di sabato 25 novembre 1995, nella sala consiliare del Comune di Marino venne presentata al pubblico accorso e alle autorità intervenute la statua Grande volo, che lo scultore Mastroianni aveva voluto donare a Marino. Poiché ero stato incaricato dall’istituto bancario di organizzare tutta la manifestazione, su suggerimento dell’amico e collega Sergio Limiti, fu proposto al consiglio di amministrazione di acquisire un’opera scultorea di Umberto Mastroianni da donare alla città di Marino. E poiché avevo buoni rapporti, sia con l’artista, sia con l’amministrazione comunale, in quel momento guidata dal commissario straordinario Togna e dal segretario comunale Piccinni, mi presi l’incarico di portare a termine l’impresa, che prevedeva una triangolazione di soggetti da vincolare contrattualmente alla donazione dell’opera. Molto generosamente Mastroianni, col quale mi incontrai diverse volte nella sua abitazione della Casina del Paradiso appositamente per quella circostanza, si rese più che disponibile a trattare non la vendita, ma la… donazione dell’opera che lui e non la Banca avrebbe fatto alla città di Marino. In tale prospettiva la Banca avrebbe invece affrontato le spese di fusione, di trasporto e di collocazione di una sua statua monumentale, dal momento, egli mi disse, non essere ammissibile, che a Marino, la città dove egli viveva da tanti anni, non vi fosse una traccia tangibile della sua presenza. Restava da scegliere l’opera e da coinvolgere l’Amministrazione comunale. Il mio timore era che per ignavia politica, o per indolenza burocratica, l’operazione avrebbe potuto concludersi con un nulla di fatto. Invece da parte del Comune mi fu messo subito a disposizione l’architetto Maurizio Fagioli, dirigente del settore interessato, e da parte di Mastroianni il suo più stretto collaboratore il professore Paolo Marazzi, che oltretutto era già mio amico personale da lunga data. Il Grande volo era stata alcuni anni prima esposta al Forte del Belvedere a Firenze e al momento l’opera era conservata nel giardino della Casina del Paradiso. La statua in bronzo doveva essere restaurata e assemblata su un solido piedistallo, senza il quale già svettava per le sue notevoli misure: tre metri di altezza, per m. 2,40 di larghezza e m. 1,50 di profondità e un peso complessivo di 500 chilogrammi. Dei lavori da eseguire in fonderia fino alla collocazione si occupò Marazzi, mentre della presentazione al pubblico fu incaricata la critica d’arte Cinzia Staforte. Fra le altre cose mi occupai anche della stesura della bozza del contratto stipulato dalla Banca, dall’artista e dal Comune di Marino, il cui testo fu poi perfezionato dall’avv. Scordino dello Studio Legale “Ripa di Meana” di Roma. L’opera scultorea, stimata del valore di 300 milioni di lire, veniva donata dallo scultore alla Banca, perché questa poi la consegnasse al Comune di Marino con il vincolo condizionante di non alienarla, venderla, né trasferirla fuori del centro storico, ancorché nel territorio comunale e di custodirla come si conviene a un’opera d’arte. Ricordo che un’altra condizione non scritta, ma verbale, posta da Mastroianni fu quella che l’opera fosse posta sulla sommità, o alla base della monumentale scalinata del Sangallo di accesso al Palazzo Colonna, al fine non di giustapporre, ma di contemperare in un ideale confronto l’architettura rinascimentale con un’opera d’arte contemporanea. L’architetto Fagioli non consentì che la statua fosse posta al sommo della scalinata, di fronte al portone principale di accesso al Palazzo, perché poteva creare problemi di carattere strutturale e quindi si raggiunse il compromesso di collocarla alla base della scalinata sul lato sinistro, di fronte a una nicchia. Dopo la scomparsa di Umberto Mastroianni la giunta comunale, presieduta dal sindaco Fabio Desideri, decise di trasferire la statua dal luogo originariamente prescelto dal Maestro per ricollocarla in piazza Lepanto sulla confluenza delle due strade corso Trieste e via Cavour in funzione di semplice arredo urbano.
Umberto Mastroianni è stata una delle più alte, autorevoli e rappresentative voci della scultura italiana e mondiale del Novecento. Un artista geniale e completo per l’indissolubile intreccio estetico e civile della sua opera, la cui lezione supera la sua e la nostra generazione per proporsi ai secoli futuri. Della sua presenza ultraventennale a Marino non possiamo che sentirci onorati, anche a distanza di due decenni dalla sua scomparsa, sia per ciò che ha rappresentato per la nostra città, sia per quello che ha saputo e voluto donarci, contribuendo ad arricchire culturalmente il luogo dove, dopo tante peregrinazioni, aveva deciso di fermarsi. Spetta a noi saper trarre ulteriore vantaggio dal ricordo di tanta presenza, non solo commemorandolo, come si fa qui oggi a Marino, ma facendo rivivere con opportune iniziative la sua grande e singolare lezione. Grazie.